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🏠 Home › Etica e società › L’IA scrive leggi: non è fantascienza, è già realtà a Dubai

L’IA scrive leggi: non è fantascienza, è già realtà a Dubai

📅 24 Maggio 2025 👤 Manuel 📂 Etica e società ⏱️ 5 min di lettura
Intelligenza artificiale che scrive leggi a Dubai, con robot e bilancia della giustizia

Se ti dicessero che d’ora in poi le leggi saranno scritte da un’intelligenza artificiale, penseresti subito a una distopia alla Black Mirror? Eppure, a Dubai, è già iniziato tutto. Gli Emirati Arabi Uniti hanno lanciato un’iniziativa pionieristica per coinvolgere l’IA nei processi legislativi, affermando che sarà possibile generare bozze normative in automatico, valutarne l’impatto e semplificare il linguaggio per renderlo accessibile a tutti i cittadini.

Un annuncio che scuote, affascina e fa riflettere. Davvero un algoritmo può scrivere leggi? E se sì, chi lo controlla?

Cos’è la scrittura legislativa con IA e come funziona

Scrivere una legge è un processo complesso: richiede competenze giuridiche, equilibrio tra interessi contrapposti, capacità di previsione delle conseguenze. Tradizionalmente, è un’attività esclusiva del legislatore umano, affiancato da giuristi, esperti e funzionari. Ma l’IA sta cambiando le regole del gioco.

A Dubai, l’idea è di usare modelli linguistici avanzati (simili a ChatGPT) per analizzare testi esistenti, individuare ridondanze, formulare nuove norme partendo da esigenze sociali, economiche o tecnologiche. L’IA può:

  • generare una bozza di norma coerente con il quadro giuridico esistente;
  • suggerire modifiche in base a scenari predittivi;
  • tradurre il testo in linguaggio semplificato per la cittadinanza;
  • simulare l’impatto delle leggi su diversi settori e gruppi sociali.

Il progetto è stato annunciato come parte della strategia “UAE Coders” e mira a trasformare Dubai nella prima jurisdiction by AI design del mondo. Foreign Policy

Intelligenza artificiale e governance: un’accoppiata rischiosa?

L’uso dell’IA nella produzione normativa apre prospettive straordinarie: maggiore velocità, minor ambiguità linguistica, controllo su contraddizioni normative. L’IA può anche contribuire a rendere la legge più “neutrale”, eliminando certi pregiudizi umani. Ma è davvero così semplice?

No. Gli algoritmi non sono immuni da bias: al contrario, se allenati su testi legislativi pieni di distorsioni (discriminazioni storiche, norme sessiste o escludenti), tenderanno a replicarle o amplificarle. E c’è di più: chi controlla il modello? Chi stabilisce su quali leggi si basa? Chi decide quali parametri utilizzare per dire “questa è una buona norma”?

Il pericolo è che la legge perda la sua componente umana, culturale, storica, e diventi un prodotto tecnico-calcolato, magari anche manipolabile da chi ha accesso all’algoritmo.

Dubai come esperimento globale: cosa cambia (e per chi)

Il caso Dubai non è un caso isolato: anche in Estonia, Canada e Regno Unito si stanno esplorando modalità per integrare l’IA nei processi normativi, soprattutto a livello locale. Ma gli Emirati sono i primi a farne un progetto politico esplicito.

Per uno Stato fortemente centralizzato e pro-tecnologico come Dubai, l’IA può essere vista come uno strumento di efficienza. Ma in contesti democratici e pluralisti, l’uso dell’IA nella scrittura delle leggi solleva interrogativi ancora più profondi: è compatibile con la rappresentanza? Con il dibattito parlamentare? Con il controllo pubblico?

Questa iniziativa può trasformarsi in un laboratorio del futuro: una giustizia algoritmica, automatizzata, ma anche potenzialmente più accessibile. Oppure può diventare un pericoloso precedente, se usata per rafforzare modelli autoritari o opachi.

E se in futuro le leggi fossero tutte scritte da IA?

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Siamo davanti a un bivio: usare l’IA come strumento di supporto (che semplifica, analizza, aiuta), oppure delegare ad essa funzioni creative e decisionali fondamentali.

La vera sfida sarà trovare un equilibrio: un’IA al servizio della giustizia umana, non il contrario. Perché una legge, per essere legittima, deve essere comprensibile, condivisa, contestabile. E deve nascere da una società viva, non da una previsione statistica.

Conclusione: serve un’etica della scrittura algoritmica

Il caso Dubai ci costringe a fare i conti con una domanda scomoda: vogliamo che siano gli algoritmi a dirci cosa è giusto? Se da un lato l’IA può migliorare il funzionamento delle istituzioni, dall’altro può diventare uno strumento di potere concentrato, difficile da scrutinare.

Per approfondire queste implicazioni, ti consiglio anche l’articolo Etica dell’Intelligenza Artificiale: Perché ci riguarda tutti, che affronta il tema del rapporto tra tecnologia e giustizia sociale.

Serve una nuova etica della legislazione, che tenga conto della tecnologia, ma non perda di vista l’umanità.

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